Affrontare periodi difficili della vita

Affrontare periodi difficili della vita

Mi sto avvicinando alla menopausa ma non so cosa comporterà

Amelia: Ho conosciuto il vostro libro in concomitanza a una fase bellissima con mio compagno dove è avvenuto il miracolo. Con il tempo, la pratica e l’approfondirsi del nostro rapporto d’amore ho conosciuto l’estasi dell’amore nelle sue varie forme. Se ci ripenso mi viene ancora da piangere per tanta grandezza e profondità. Ma a volte nella vita capita che quello che ci viene dato ci viene anche tolto. Ora ho 47 anni e sento l’avvicinarsi dei cambiamenti della donna. Ho paura perché non so cosa comporta la menopausa. Sento di poter dare ancora molto, so di avere una mia ricchezza, ma come sarò fisicamente domani? Ci sono corsi per la mia età?

Michaela: Cara Amelia, sento nella tua lettera una freschezza nello spirito e tanta voglia di sperimentare qualcosa di nuovo, qualcosa che hai annusato nell’incontro che descrivi. La scintilla può essere stato l’incontro, ma potrebbe essere anche arrivato il momento giusto per te! Incontri intimi e profondi sono come regali dell’universo, ci lasciano un ricordo che diventa poi anche un’ancora di speranza nei momenti più difficili da attraversare nel cammino. Mi pare che ora ti tocca integrare consapevolmente in te l’estasi che ti è “caduta dal cielo” con la comprensione della tua vita terrena e la tua relazione.
La menopausa o il suo inizio può essere un buon momento per ripassare tutto il tuo vissuto in questi termini: in che misura ti sei permessa di vivere ed esprimere te stessa? In che misura hai vissuto conformandoti ad altri o alle circostanze? Se il bilancio della tua vita fino ad oggi è equilibrato, con la menopausa inizia un nuovo modo di vivere i rapporti, diventiamo autonome e libere, soprattutto abbiamo più energie per le cose essenziali della vita. Se invece abbiamo trascurato un aspetto importante, questo ritorna, viene a galla, nel peggiore dei casi sotto forma di depressione o di malattie psicosomatiche. La menopausa essenzialmente è un cambiamento che tra alti e bassi ti porta a diventare una donna saggia e amorevole. Perciò puoi utilizzare il periodo pre-menopausa per riflettere su tutto ciò che non hai vissuto, non intrapreso, non espresso, non affrontato, non assaporato, non cambiato, ecc. E puoi anche riflettere come concludere le cose vissute a metà, come chiudere le gestalt aperte. Allora sarai pienamente disponibile al prossimo passaggio che non diventerà un lutto ma un vero festeggiamento.
Il corpo nella menopausa certamente cambia, e se siamo molto identificati con il suo aspetto, è arrivata l’ora di rivedere i valori che riguardano la tua vita femminile. Con lo spirito che hai basta fare le domande giuste e prenderti ogni giorno un po’ di tempo per riflettere su di te. Per riflettere non intendo un’attività intellettuale, ma lasciar emergere una domanda e rimanere con la domanda in silenzio. Se lo fai anche soltanto 5 minuti ogni giorno, molto può cambiare. Qualche volta una domanda si dissolve mentre dormi e il giorno dopo semplicemente sai, oppure la risposta si manifesta quando viaggi in autobus o nell’incontro con una persona.
Riguardo all’ultima domanda: puoi venire a qualsiasi corso. Siccome il Tantra è una via spirituale, si rivolge a persone di tutte le età, nei nostri corsi trovi persone giovani e anziane che si arricchiscono a vicenda approfondendo le tematiche della loro vita. Le tematiche ovviamente differiscono con l’età, ma il processo di arrivare ad essere pienamente se stessi e di espandere la coscienza è lo stesso.
Carissimi saluti e buone riflessioni!

Amelia: Un po’ stavo già facendo le mie riflessioni, ma ora ci darò più peso. Se non ci arrivo da sola ti richiamerò. Grazie tante.

Mi sento nel deserto, non c'è più niente, non so cosa fare

Antonella: Carissimi, grazie al corso con voi, sono cambiate molte cose nel mio modo di vedere la vita. Quel velo che mi avvolgeva, m’impediva di vedere e mi faceva ripetere all’infinito gli stessi schemi dolorosi. Un po’ si è sollevato e riesco a capire meglio quello che faccio e perché lo faccio anche mentre sta accadendo. Vivo un po’ più serenamente, apprezzo tutta la fatica che ho fatto prima e durante il corso, e intuisco perché, mentre ero lì, avevo bisogno di buttarmi anima e corpo nelle esercitazioni e nei colloqui di gruppo.
Ho “destrutturato” me stessa, non ne potevo più di quello che mi stava succedendo, volevo capire a tutti i costi. Solo che ora non so da che parte incominciare. Presa dalla foga di buttare via tutto, non ho tenuto nulla per me e, ora, mi sento scoperta, indifesa, impaurita. Mi sento come se fossi dentro ad un deserto, non c’è nulla intorno a me e nulla su cui fare forza. Non so più cosa mi piace, e adesso cosa faccio? Un abbraccio.

Elmar: Cara Antonella, sono appena passati 2 giorni dal corso I mostri interiori che per certe persone è il più sconvolgente di tutto il training. E’ assai normale che dopo una tale ristrutturazione ti senti per un periodo nel vuoto, nell’incerto, nel “non so che pesci pigliare” ed è bene così. Quando i vecchi schemi se ne vanno e i nuovi non sono ancora arrivati, si apre una specie di buco nella sfera dei sentimenti e dei pensieri. Questo momento è prezioso, non chiudere subito il buco cercando nuove soluzioni, altrimenti rischi di ripescarle tra i vecchi schemi, lasciale maturare con i loro tempi naturali.
Vedi, all’inizio hai intrapreso un viaggio interiore perché volevi liberarti dai vecchi condizionamenti e ora che ti sei liberata, ti lamenti: mi sento nel deserto, non c’è più niente, non so cosa fare; beh, l’improvviso mostrarsi della libertà comporta anche un certo disorientamento, uno spazio vuoto dove non sappiamo ancora navigare, perché ci troviamo al di fuori di qualsiasi abitudine consolidata. E se nella “foga di buttare via tutto” hai buttato via un po’ troppo, il disorientamento prevale al senso di liberazione. Ma non c’è da preoccuparsi, la nostra mente è talmente abituata a pensare in binari schematici e abitudinari, che ben presto s’installeranno da soli, vedrai.

Dopo una settimana di meditazione sono crollata.

Morena: Cari Elmar e Michaela, sono uscita dalla bolla meravigliosa che abbiamo creato per una settimana durante il corso “Spazi di meditazione”, e tornata al mondo il mio rientro è stato veramente davvero difficile. Una settimana lontana dal mondo, in un ambiente di accettazione e silenzio, con  persone positive e la serenità, è stato il posto che mi ha permesso di tornare nella mia vera me, nell’essenza delle cose. Lì dove tutto è bello tranquillo e sereno (Esagero? Forse ma è come mi sento). Facendo il medico, avevo portato con me tristezza e morte, tanta durante la terza ondata del Covid-19. La morte di chi assisto ogni giorno e la morte di un caro amico che era morto il giorno prima del corso! Il mio lavoro logorante che, con tutte le difese che ho comunque alzato negli anni, mi crea ancora un grande sconvolgimento nell’anima. E non è per la morte come evento ultimo di una vita, ma è la sofferenza altrui che è difficile da gestire. Sofferenza di colui che va e di quelli che restano.
La mia vita privata piena di pensieri. Una madre anziana e malata che vive da sola e tanto lontana, un nipote, figlio di mio fratello che non c’è più, orfano, problematico e con un mondo attorno molto poco comprensivo nei suoi confronti, un fratello che non sapendo gestire la sua frustrazione e tristezza comincia ad avere problemi con l’alcool, una vita che ho sempre vissuto da sola perché è il miglior modo o forse l’unico che conosco per viverla e difficilmente permetto agli altri di entrare. E, come disse Elmar, ancora non ho imparato né a chiedere, né a prendere. Ci provo però e sto anche migliorando.
Sono rientrata nel mio mondo e le faccende mi sono cadute addosso. Pensavo di poter rimanere ancora un po’ nella mia “bolla”, ma niente di più errato. Ho preso l’influenza e mi sono ritrovata in uno stato di depressione profonda, pensieri cupi, sogni vividi violenti intensi mi hanno portato a uno stato di malessere interiore che non comprendo. Avevo pensieri talmente cupi da farmi pensare veramente si essere scivolata in una depressione maggiore dalla quale si potrebbe uscire solo con l’ausilio dei farmaci e vi assicuro che non ho mai pensato che avrei preso in considerazione una cosa simile. Un po’ perché da medico (definizione: mammifero appartenente alla categoria dei primati che considera che avendo studiato e imparato i malesseri corporali riesce anche a scansarli come per magia) non ammetto di averne bisogno, ma soprattutto perché non avevo mai sentito il bisogno. Certo ci sono stati periodi molto difficili di profonda tristezza, ma la depressione è un’altra cosa. Ed era quello che ho sentito in quei 3 giorni: un buio profondo dove era scivolata l’anima, dove la luce non arrivava e da dove non riuscivo a uscirne.
Sono cresciuta in una famiglia cattolica molto credente e praticante e fin dalla tenera età sono stata molto vicina al divino, a tutto ciò che è più e oltre tutti noi e la morte non l’ho mai considerata una fine e di conseguenza non ho mai avuto particolarmente paura di essa. La mia convinzione era che tutto ciò che si trova oltre quella porta non è peggio, anzi è meglio di tutto ciò che è qui. Ma in quei giorni questa mia certezza è vacillata e una paura profonda mi ha invaso l’anima, accompagnata da sensi di colpa e solitudine.
La mia vita non è stata una passeggiata fino ad ora, ho dovuto combattere e spesso l’ho fatto da sola. Non sono mai stata una persona abbattuta o lamentosa. Tutt’altro, ho sempre cercato di vedere il lato positivo delle cose, anche quando era veramente difficile. Il mio ex e qualche amico mi hanno pure rinfacciato di essere troppo positiva e allegra. Ma questi ultimi momenti vissuti erano un po’ troppo. E’ possibile che in questi giorni felici vissuti con tutti voi si è attivato qualcosa di sconosciuto dentro di me?
Spero di non avervi tediato troppo con la mia lunga lettera. (Ooops!!!)
Vi abbraccio con affetto, Morena

Michaela: Carissima Morena, grazie della tua lettera.
La situazione buia nella quale ti trovavi, è senz’altro molto sconcertante per te, perché inaspettata e violenta. In genere quando entriamo in un divario di sensazione spiacevoli, non spiegabili, apparentemente senza causa, sono coinvolti talmente tanti fattori che è difficile decifrarli od ordinarli. Questo lascia una sensazione di impotenza e di essere in balia degli eventi. Dunque prendiamo per prima in esame alcuni fattori noti:

  1. Hai passato un periodo di lavoro molto stressante con tematiche magari non del tutto digerite. Due anni, nei quali l’anima riceve poco sostegno, anzi deve dare sostegno agli altri. Non per agency, ma per vocazione. Due anni senza vacanze. Due anni con tanti episodi non elaborati, per esempio: il rapporto con colleghi, i cambiamenti improvvisi di struttura e/o contenuti.
  2. Hai alle spalle un periodo famigliare travagliato e segnato di morte; dunque con tematiche che riguardano il lasciar andare, l’addio e la perdita di persone care. Un periodo, nel quale anche il sistema famigliare non dà sostegno ma si trova in una fase di riorganizzazione che riguarda tutti coloro che sono rimasti. Dunque un cambiamento che non è stato scelto da nessuno. Potrebbe essere segnato dal sentirsi vittima degli eventi e questo sentimento potrebbe farsi strada tra tutti i coinvolti all’interno della famiglia.
  3. Un amico che muore significa un addio per sempre e lascia uno strascico di lacrime, pensieri di tutti i tipi, ricordi del vissuto comune. Soltanto per questo servirebbe un rituale sull’addio come quello che abbiamo fatto durante la La porta della beatitudine.
  4. Inoltre in questi ultimi anni non c’era tempo per le tue tematiche personali che di conseguenza si sono accumulate e si sono fatte più pressanti: come sto io, dove sto andando, cosa mi fa piacere, quale prospettive ho per il futuro?

Come vedi ho elencato solo quanto hai scritto, ma mi immagino che queste tematiche si intreccino con il dialogo interiore e formino un aggrumolo di pensieri che come un filo di lana fa gomitolo su se stesso.
Vorrei chiarire una cosa: la depressione maggiore, lo sai meglio di me, secondo il DSM5 viene diagnosticata solo quando si presenta almeno per due settimane di continuo e si ripete nell’arco di sei mesi per almeno tre volte. Dunque non è il tuo caso! Perciò la chiamerei diversamente, perché è apparsa dopo il corso di meditazione durante il quale hai vissuto, anche grazie al gruppo, una vita più luminosa. Mi posso immaginare che, nel contrasto, il buio appare ancora più buio. È un fenomeno che si incontra quando ci si avvia verso una via meditativa: tutto diventa più intenso, nel bene come nel male.
Dunque ciò che chiami depressione, la chiamerei apparizione dell’ombra, che infatti è l’argomento del prossimo corso. Cosa fare nel frattempo? Innanzitutto cercare di districare gli argomenti ed elaborarne uno alla volta per bene, differenziare bene tra lavoro, famiglia, amicizie, stare da sola, percorso spirituale. Poi se c’è qualcosa che vuoi elaborare in particolar modo, siamo disponibili, ci puoi chiamare.
Un abbraccio forte, Michaela

Elmar: Cara Morena, come vedi, Michaela mi ha anticipato nella risposta. Posso soltanto aggiungere alcuni punti:

  1. Prima di tutto non ci hai annoiato o tediato con la tua lettera. Sai che non amo le persone prolisse che si dilungano per il piacere di sentirsi parlare, ma la tua lettera era intensa e sincera dalla prima fino all’ultima riga.
  2. Ripeto quanto detto dalla mia carissima moglie: non hai una depressione. Una persona depressa (secondo i canoni clinici) non riuscirebbe a scrivere quella frase autoironica sui “mammiferi, primati che credono di …”. Ho riso di cuore.
  3. Meditazione non ha la funzione di farci stare meglio, ma rende la vita più consapevole e di conseguenza più intensa. Perciò anche la sofferenza diventa più intensa. Lo confermano i mistici che hanno meditato tanto, come Santa Caterina di Siena, Santa Teresa d’Avila, Santa Gemma di Lucca, Meister Eckhardt, Milarepa, per citarne soltanto alcune/i. Con la meditazione la luce della consapevolezza diventa così acuta, che nel contrasto le ombre sembrano più scure; proprio come avviene con la luce fisica.
  4. Se hai preso questa settimana come una specie di vacanza dalla tua quotidianità burrascosa, dopo ti ritrovi nella stessa, ma hai in memoria la pace del tempo passato prima. Ti posso solo dire che conosco bene questo processo: c’è chi si trova nell’inferno durante la meditazione e nel paradiso le settimane dopo (come è successo a me varie volte), chi si trova nel paradiso durante la meditazione e nell’inferno dopo (come è successo a te), chi vive in un continuo purgatorio. Alla fine conosciamo comunque tutti e tre i reami.
  5. Shunryu Suzuki, il maestro zen, dice: “Se ti sembra di aver meditato male, perché durante o dopo hai sentito tante sofferenze, vuol dire che hai meditato bene”.

Ti mando un abbraccio caloroso
Elmar

Taglio cesareo: come riaccostarsi al sentire recirpoco?

Donatella: Dopo il taglio cesareo ho percepito una limitazione energetica importante. Come riaccostarsi al sentire reciproco dopo questa esperienza e dopo le modifiche per far spazio al figlio?

Michaela: Innanzitutto, qualsiasi tipo di ferita sul proprio corpo va risanata in qualche modo, e un taglio cesareo è una ferita forte. Lì la pancia ha subito un trauma. Nello stesso tempo, il figlio durante la nascita non ha avuto la possibilità di sentire quanto è faticoso arrivare al mondo. Il bambino non ha in sé questa esperienza che nel mondo possono esserci anche dei momenti difficili. Queste due esperienze, di mamma e figlio sono diverse e vanno risanate ognuna per conto proprio. Ci sono modi per poterlo fare. Non c’è niente da modificare, ma va in primis accettata fino in fondo la situazione e rivissuta insieme a uno psicoterapeuta specializzato in questi traumi. Questo è il miglior modo per risanare il trauma. Il legame tra madre e figlio è dato tra l’altro dall’esperienza traumatica che avete vissuto entrambi. Questo lega molto. Come le esperienze bellissime, piacevoli ed estatiche, così anche le situazioni traumatiche legano molto.

Menopausa: come migliorare la sessualità

Violetta: Come migliorare il desiderio e il piacere sessuale in menopausa?

Michaela: A questa domanda rispondo io. Proprio in questo periodo sto preparando una videolezione sulla menopausa che uscirà a breve. La tua domanda implica che durante la menopausa il desiderio cala. Questo non è vero per tutte le donne. Soprattutto per le donne che non hanno questa convinzione, spesso non si verifica, perché è una convinzione autoavverante. In più, spesso si innescano dei cortocircuiti per cui, meno faccio sesso, meno mi tocco, meno mi masturbo, meno piacere provo. Quest’ultimo fenomeno non è legato alla menopausa. Lo posso sperimentare a 18 anni, a 40 o a 50. Io stessa sono in menopausa e ho verificato che, se mi masturbo o se faccio l’amore, il calo di desiderio non avviene. Dunque la domanda sarebbe da modificare in: “Quanto tempo e quanto piacere ho dedicato al mio corpo, alla mia sessualità, al mio piacere?”. La menopausa è un periodo per fare un bilancio intermedio della vita, per rendersi conto di cosa c’è stato, cosa si desidera ancora e cosa il futuro avrà in serbo per me.
Ho voluto rispondere brevemente, però ci sono tante altre cose da dire.

Elmar: Cara Violetta, ho con me un libro di sessuologia di oltre 600 pagine, scritto da una sessuologa clinica che si chiama Helen Singer Kaplan. Dice che nella menopausa le donne si polarizzano: su un lato ci sono quelle che dicono “Adesso ho finito, mi sto seccando, non voglio più fare l’amore” e si spengono. Dall’altro lato dicono “Adesso non sono più fertile, non devo più badare alla contraccezione” e quindi si scatenano, fanno sesso alla grande. Non come lo facevano a trent’anni, ma meno fulminante e più tranquillo; una sessualità sensuale, delicata, intensa, intima. A te la scelta!

Conoscete un metodo per smettere di fumare?

Marzia: Cara Michaela, sono anni che vorrei smettere di fumare, ma finora tutti i tentativi sono falliti. So che questa domanda non c’entra niente con il Tantra, ma provo lo stesso. Ho provato con il diminuire il numero di sigarette, con lo smettere di colpo (ho una volontà ferrea), con i cerotti, con metodi naturali, ma niente. La sigaretta è più forte di me.

Michaela: E’ vero Marzia, non rientra nella mia specializzazione, eppure ho una buona notizia per te: c’è un metodo! Anch’io dopo 14 anni di fumo mi sono trovata nella tua stessa situazione: non riuscivo più a smettere. Dopo l’ennesimo tentativo fallito, ho confidato la mia delusione a mio marito e insieme siamo arrivati al seguente ragionamento: per smettere di fumare dovevo comunque superare due soglie.

La prima è quella psichica: cambiare abitudine, non poter succhiare qualcosa in bocca, andare oltre la dipendenza, ecc.

La seconda è quella fisiologica: disabituare il corpo a una molecola che ormai fa parte di lui. Se ultimamente fumavo 10 sigarette al giorno con 0.8 mg di nicotina ciascuna, il mio corpo si era abituato a 8 mg giornalieri di nicotina. Se solo avessimo trovato un metodo per poter superare una soglia dopo l’altra anziché tutte e due in una volta, lo sforzo sarebbe stato minore.

Qualche giorno dopo trovammo la soluzione: non provare a diminuire il numero di sigarette, come fanno tutti, ma mantenere lo stesso numero e diminuire soltanto la dose di nicotina. Così sono andata in tabaccheria per farmi un panorama sulle varie concentrazioni di nicotina.

E per altri 5 mesi ho continuato con le mie 10 sigarette al giorno proseguendo con questa scaletta:

  • Per un mese sigarette con 0.6 mg
  • Il mese successivo con 0.4 mg
  • Il mese dopo con 0.3 mg
  • Per un altro mese ho fumato 0.2 mg
  • Fino ad arrivare a 0.1 mg

A ogni salto di concentrazione sentivo un leggero disagio per 3-6 giorni, ma poi avevo tre settimane per abituarmi senza togliere nemmeno una sigaretta da quelle che ero abituata a fumare.

Arrivata a 0.1 mg, che è la minor dose reperibile sul mercato, mi sono detta: Se prima prendevo 8 mg di nicotina ogni giorno, adesso ne prendo 0.1 x 10 = 1 mg, perciò la dipendenza fisiologica si era già ridotta del 87% senza fare alcuno sforzo di volontà. Ho preso speranza e mi sono sentita pronta ad affrontare la seconda soglia, quella psicologica: le settimane successive ho ridotto gradualmente il numero di sigarette fino ad arrivare a 3 al giorno. Era facilissimo, forse perché il mio corpo si era ormai abituato a una minor dose di nicotina.

A questo punto ho fatto una pausa continuando per un mese con 3 x 0.1 mg = 0.3 mg, che sono il 96% in meno alla dose iniziale, cioè quasi niente. E così un bel giorno smisi  semplicemente di fumare, senza pensarci più.

Oggi, con il senno del poi, penso che il segreto di questo metodo stia proprio nell’affrontare le due dipendenze una alla volta e nel diminuire il dosaggio iniziale senza dover rinunciare a nulla. So che anche per due mie amiche ha funzionato benissimo. Fammi sapere qualcosa.

Marzia: Cara Michaela, sono passati 6 mesi, ho seguito il tuo schema e ….. ha funzionato! Sono felicissima!!! Ora con i soldi che risparmio in un solo anno mi iscriverò a due dei vostri corsi.

Malgrado vari percorsi di crescita sono frustrata

Annabella: Buongiorno Michaela, ho avuto il tuo nominativo da una mia cara amica. Nonostante le tante formazioni e percorsi fatti negli anni, sono in un periodo di paure e sensazione di fallimenti che riaffiorano, forse anche per l’età. Ho da poco compiuto 67 anni e non sono affatto serena. Vivo in una situazione sentimentale stagnante, senza sessualità, né dialogo, con poco affetto, una serie di abitudini date anche da più di 35 anni passati insieme e una figlia. Non riesco a uscirne, o meglio, non riesco a trovare un mio equilibrio, un modo mio di vivere, e periodicamente reagisco al dolore frustrata e con astio, perdendo il mio centro.

Michaela: Buongiorno Annabella. Da quanto ho capito dalle tue parole, desideri essere più felice di te stessa e della tua vita. Hai nominato che hai già  fatto tanti percorsi per avere un equilibrio interiore, eppure nomini alcune situazioni che vivi, con il marito, senza sessualità e con dolori emotivi che ti fanno perdere frequentemente questo equilibrio.

Vista la tua età, penso che tu sia in pensione e dunque disponi di abbastanza tempo libero  che ci vuole per risolvere la questione. Mi sembra una buona base per partire.

Per ritrovare la felicità dovrai prendere delle decisioni che possono portare a un cambiamento nella tua vita, ma prima ci vuole un periodo di riflessioni. Intendo dire che ci vuole qualche distanza per vedere la tua vita da fuori e riflettere su alcune domande, come per esempio:

Come voglio vivere la mia vita da ora fino alla morte?

Che cosa desidero di più? Quali sono i bisogni fondamentali ai quali non posso rinunciare? E a quali bisogni non voglio più rinunciare, non come ho fatto in passato?

Che cosa farebbe vibrare il mio cuore di gioia?

Ci sono desideri che non ammetto nemmeno a me stessa? Questi desideri nascosti,  vogliono essere espressi oppure no?

Queste riflessioni sono condividibili con le persone che amo? Se no, con chi altro li posso condividere?

In agosto abbiamo un corso che si chiama “Ardore nel cuore” che potrebbe essere una buona occasione per fare una vacanza riflessiva con queste e altre domande. Altrimenti puoi fissare un appuntamento per una sessione online e vediamo nello specifico di cosa hai bisogno. In ogni caso ti auguro buone riflessioni.

Mi sento in colpa verso mia madre

Nicoletta: Dopo la morte di mio padre che mi manca tanto, purtroppo ho dovuto mettere mia madre in una RSA, perché non riesco più a curarla. Tra i bambini e il lavoro, proprio non ce la faccio. Però ora mi sento come una merda. Possiamo fare un appuntamento telefonico o una videochiamata?

Elmar: (dopo la videochiamata) Cara Nicoletta, vorrei aggiungere alcune cose alla nostra chiamata:

1. Se tua madre non è autosufficiente e sta in una RSA, non è colpa tua. Non puoi cambiare il “destino” dei tuoi cari, anche se ti dispiace; e non aiuti nessuno se “ti senti come una merda” come mi dicesti. Ho l’impressione che in questo caso tu sia andata in agency. Ti ricordi il corso “Comprendersi nel corpo“? Conviene riprendere in mano la de-frammentazione da agency e rifarla.

2. Un’altra pratica che ti potrebbe aiutare in questo periodo è il cosiddetto “Addio dignitoso”, sviluppato da Angeles Arriel, un’etnologa di un università californiana che ha studiato i rituali di addio in tante culture del mondo e ha sintetizzato 4 passi per poter lasciar andare una persona in modo dignitoso.
Ti puoi sedere su una sedia, immaginare tuo padre seduto sulla sedia di fronte e parlare a voce udibile a lui, nominando i 4 argomenti che trovi nell’allegato alla mail.  Questa dispensa è stata fatta per le relazioni intime con gli ex-partner, ma si presta anche per i genitori defunti.

3. Ti ho parlato di fasi del lutto che si ripetono e alternano per la durata di circa un anno o più. Trovi una descrizione più accurata sul sito PsicoSocial.it.

4. Infine ti posso consigliare un libro sul lutto scritto da Marco Loli, “Il lutto consapevole“, che ha fatto la formazione in counseling con noi e che – dopo aver perso un genitore – ha scritto la sua tesina finale proprio sull’argomento.

Un caro saluto
Elmar


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